Sicurezza negli impianti sportivi

medico e defibrillatore
16.01.2013

Defibrillatori e impianti sportivi: il punto della situazione

Facciamo il punto della situazione sul recente obbligo per le società sportive di dotarsi di defibrillatori semiautomatici

Categoria: complementi per l'impiantistica sportiva, impianti sportivi, sicurezza negli impianti sportivi, defibrillatore,

L’arresto improvviso di cuore è una delle principali cause di morte nel nostro Paese e le recenti tragedie avvenute sul campo da gioco (Piermario Morosini e Vigor Bovolenta) hanno riportato agli “onori” della cronaca il tema della sicurezza negli impianti sportivi.

Un tema che non riguarda solo i giocatori e gli atleti a vario livello. Stadi, arene e palazzetti dello sport, così come campi, palestre, circoli sportivi e piscine, sono infatti frequentati anche da arbitri, tecnici, dirigenti, dipendenti, volontari e spettatori, e una mancata attenzione al tema della sicurezza può avere conseguenze pesanti su chi ha in gestione l’impianto.

Come ha tenuto a precisare l’ingegner Felice Monaco, responsabile del servizio sicurezza e prevenzione del Comune di Bologna in occasione dell’incontro, organizzato da Cid-Aics di San Lazzaro (BO), Noi sicuri per la sicurezza altrui. La sicurezza negli impianti sportivi : “Il responsabile legale di tutto ciò che avviene in un impianto non è il proprietario, Provincia, Comune o privato che sia, ma il rappresentante legale, che in genere è il presidente della società o dell’associazione alla quale è stata data in gestione la struttura. Persona che a tutti gli effetti assume il ruolo di datore di lavoro. E non tutti i dirigenti di società e associazioni, spesso appassionati e volontari sono preparati o coscienti di questo impegnativo ruolo”.

Un dato che ha trovato conferma dal parere espresso, sempre in sede dell’incontro curato da Cid-Aics, dall’avvocato Dionina Tortella, esperto in aspetti giuridici e legislativi, che ha precisato come “la responsabilità dei datori di lavoro non esiste solo in fabbrica, ma in ogni luogo dove si svolgono attività; anche sportive. Il dirigente responsabile è tenuto ad adottare tutte le misure per la sicurezza e la salute delle persone che operano nell’attività”.

Defibrillatori e certificati medici

In questo quadro si inserisce l’ articolo 7, comma 11 del D.L. 158/2012 - Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più livello di tutela della salute, che recita: “Al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un'attività sportiva non agonistica o amatoriale il Ministro della salute, con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro delegato al turismo e allo sport, dispone garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l'effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego, da parte di società sportive sia professionistiche che dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita”.

In altre parole, il decreto ribadisce l’obbligo (già esistente) di idonea certificazione medica e di controlli sanitari sui praticanti, a prescindere da qualsiasi attività sportiva si tratti.

Questo perché, come ha tenuto a precisare il dottor Stefano Piolanti durante il citato incontro bolognese: “Nel settore agonistico, il dirigente è responsabile civilmente e penalmente se manca la certificazione medica di idoneità. Le visite mediche, effettuate da medici specialistici e in centri attrezzati con apposite strumentazioni, sono fondamentali per evitare le morti sul campo di gara. Grazie a questo, nel giro di trent’anni la mortalità è passata da 4 a 0,5 casi su 100.000”.

Dall’altro lato, il decreto impone l’adozione di defibrillatori semiautomatici da parte di tutte le società sportive, senza distinzioni tra professionistiche e dilettantistiche, equiparando quindi il campo da calcio di uno stadio al campetto di una parrocchia.

E ora? Chi paga?

Come era prevedibile, il decreto ha fatto subito parlare di sé, ricevendo il plauso della comunità medica e sportiva, ma anche sollevando perplessità e obiezioni. Il primo dubbio riguarda ovviamente il tema “costi”.

Un defibrillatore semiautomatico non ha un costo particolarmente proibitivo (circa sui 1000/2000 euro), ma necessita anche di una corretta formazione atta ad impararne il corretto funzionamento. Tutto il personale che utilizza un defibrillatore semiautomatico deve infatti essere in possesso di idonea formazione validata e sistematicamente verificata.

Dunque, chi paga? Soprattutto quando ci si riferisce a società sportive di quartiere o di oratorio, che già faticano a trovare i mezzi per la manutenzione ordinaria dei propri impianti, dove potrebbero ottenere nuovi fondi da investire nell’acquisto e nella formazione, senza correre il rischio di penalizzare la pratica sportiva di base? Ma, d’altra parte, se supportata da adeguati finanziamenti, la pratica sportiva potrebbe solo beneficiarne, diventando a tutti gli effetti più sicura.

Tutti questi dubbi sono stati espressi in un interessantissimo articolo pubblicato, in data 13 settembre, dall’INAIL - Istituto Nazionale per l’Assicurazione degli Infortuni sul Lavoro. “Al momento - si legge nell’articolo - non ci sono stime precise sul numero di defibrillatori necessari in Italia, ma per quanto riguarda gli impianti sportivi uno studio di Unioncamere, nel 2005, aveva censito quasi 15mila impianti, cui potrebbero aggiungersi le 8.500 palestre presenti su tutto il territorio nazionale, mentre il Coni ha censito nel suo registro 110mila società dilettantistiche, tutte potenzialmente interessate dal decreto”.

A questo proposito, Massimo Achini, presidente nazionale del Centro sportivo italiano (CSI), interpellato nel citato articolo, commenta: “Di fronte a quanto previsto dal Decreto, ci chiediamo chi dovrà sostenerne i costi. Ci saranno investimenti in questa direzione o la spesa ricadrà per intero sulle famiglie e sulle società sportive? Dalla risposta alla domanda dipende se il mondo dello sport di base farà un passo avanti oppure indietro”.

Fondi e investimenti per la sicurezza

Dunque? Dove trovare i fondi? Il problema non ha una soluzione univoca. Fortunatamente, sono moltissime le iniziative attivate in Italia volte a fornire di defibrillatori non solo gli impianti sportivi, ma anche le scuole e i luoghi di aggregazione. Come non mancano i programmi volti alla sensibilizzazione e alla formazione in materia.

Un esempio è fornito dal Progetto Pronto Blu dell’Azienda USL di Bologna che da anni promuove la diffusione della defibrillazione sul territorio della provincia di Bologna con un obiettivo ben preciso: far sì che il maggior numero possibile di “non sanitari” possa defibrillare persone colpite da arresto cardiorespiratorio prima dell’arrivo dell’ambulanza.

Fino ad oggi il 118 del capoluogo felsineo ha formato 1.250 persone e intende allargare il più possibile la portata di questa iniziativa coinvolgendo diverse realtà collettive, scuole in primis.

A Piacenza, invece, è nata l’ associazione Progetto Vita , che ha lo scopo di portare un defibrillatore in ogni struttura sportiva della provincia emiliana. Fra le iniziative intraprese, è stata organizzata a luglio una serata di sensibilizzazione in collaborazione con alcuni campioni del mondo pattinaggio, durante la quale sono stati raccolti fondi per l’acquisto di defibrillatori.

Accanto a queste, si sono mobilitate le amministrazione locali e le Regioni in tutta Italia, con iniziative di solidarietà per la raccolta di fondi, con l’assegnazione di bandi e finanziamenti volti non solo all’acquisto di defibrillatori, ma anche alla messa in sicurezza degli impianti, con l’inizio di veri e propri censimenti della presenza di defibrillatori nelle strutture sportive, grazie al coinvolgimento delle società sportive e delle amministrazioni.

Si pensi che è all’esame del Consiglio regionale della Toscana anche una legge per favorire la diffusione dei defibrillatori semiautomatici nell’ambito della pratica fisica e sportiva, con primo firmatario Paolo Marini del gruppo Fds-Verdi e sottoscritta da molti altri esponenti del Centrosinistra, e che il Credito Trevigiano ha deciso di non sponsorizzare più le squadre che non dispongono di defibrillatore.

Si spera dunque che il reperimento di fondi per la diffusione capillare di questi strumenti di vita si riveli alla fine un “non problema”, affinché l’attività fisica e sportiva nel nostro paese possa essere praticata a qualsiasi livello e in qualsiasi luogo in assoluta sicurezza.

Focus su: DAE

Cos’è e come funziona?

Rispetto al defibrillatore manuale (utilizzabile esclusivamente da personale medico), il defibrillatore esterno semiautomatico (DAE) si distingue innanzitutto poiché solleva completamente il soccorritore dall’onere di riconoscere il ritmo cardiaco e può essere utilizzato da qualsiasi persona in possesso dell’indispensabile autorizzazione, rilasciata dalle autorità sanitarie (come stabilito dalla Legge n. 120 del 3 Aprile 2001).

Oltre che semplice da usare, questo apparecchio è estremamente affidabile e poco ingombrante (alcuni modelli misurano appena 15 x 15 cm). Una volta collegati i due elettrodi adesivi al torace, il DAE analizza il ritmo e, nel caso in cui riconosca la fibrillazione o la tachicardia, indica “shock consigliato”, carica il condensatore al valore di energia già preimpostato e ordina all’operatore di premere l’apposito pulsante. Importante il fattore manutenzione, in quanto dalla loro efficienza, così come dalla loro immediata reperibilità, dipende l’esito dell’intervento di rianimazione.

Devono pertanto essere custoditi in modo da risultare accessibili in qualsiasi momento e, non meno importante, essere sempre perfettamente funzionanti. È sufficiente che la batteria non sia carica per rendere tutto vano.

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