Stadi e arene

esterno nuovo stadio juventus
27.09.2013

Quale futuro attende gli stadi italiani?

Tre professionisti raccontano la loro esperienza nel settore degli stadi in Italia, delineando un presente di arretratezza e un futuro tutto da costruire

Categorie: sport, news sport, stadi e arene,

Intervista di Alice Spiga

Gli stadi sono quasi tutti di decenni fa, sono dentro il cuore della città, portano intasamento e smog. Dobbiamo fare dei cambiamenti, pensando di poter fare lavorare tanta gente intorno a questi investimenti, liberando i centri storici. Non si può rimanere sempre fermi per paura delle conseguenze”.

Cito il parere espresso dall’On. Enrico Letta nel discorso al Senato del 29 aprile 2013 perché queste parole rendono molto bene l’idea della situazione degli stadi nel nostro paese, strutture vetuste, inadeguate al bacino di utenza, sfruttate molto al di sotto delle loro potenzialità.

Impianti, in definitiva, troppo costosi, realizzati in periodi in cui non si guardava alla sostenibilità economica, gestionale, tantomeno energetica. E il discorso non vale solo per gli stadi.

L’Arch. Francesco Boccia, durante il suo intervento a Milano, in occasione del Convegno SOS Impianti Sportivi organizzato da Sport Movies & TV a metà dicembre 2013, sostenne: “Noi stiamo assistendo al degrado del Velodromo Vigorelli non tanto perché non sia più adeguato alle norme dell’Unione Ciclistica, perché di fatto non lo è, ma perché non viene utilizzato. Ci sono problemi di ogni genere, dal parcheggio alla gestione. È venuto il momento che le amministrazioni abbiano il coraggio di decidere, e anche di sbagliare, ripensandolo completamente, oppure demolendolo e ricostruendolo altrove”.

È inutile nasconderlo. Siamo rimasti indietro, dal punto di vista strutturale, impiantistico, della sicurezza e, sopra ogni cosa, della gestione e del marketing. Basta pensare all’esperienza raccontata da Marco Iaria, giornalista della Gazzetta dello Sport , per rendersi conto della differenza tra come noi è vissuto lo stadio in Italia e di come invece viene vissuto all’estero:

“Arrivo a Londra il giorno prima della partita di Premier con il Swansea. Il tour dell'Emirates, imponente nella sua solitudine, è d'obbligo. Per un soffio manco la visita accompagnata da una leggenda dei Gunners: sì perché una volta al giorno, all'ora di pranzo, a fare da Cicerone è un ex calciatore, da John Radford a Lee Dixon. C'è tanta gente in coda, compresi una ventina di studenti. Armato di un'audioguida, disponibile in otto lingue, inizio il percorso in piena autonomia, altra novità introdotta di recente per soddisfare chi detesta i gruppi. Dagli spogliatoi al tunnel che conduce al campo, dalle sale esclusive al museo. Il sottofondo è un mix di informazioni, aneddoti, interviste che scorrono sul palmare in dotazione”.

E ancora: “Tante, tantissime famiglie, tanti, tantissimi bambini. Come Gary McCarthy, che tifa Qpr ma porta all'Emirates il figlio Lewis, 12 anni, fedelissimo dei Gunners: «È bello arrivare 1-2 ore prima del match, visitare il negozio, magari pure il museo (aperto anche nel giorno della gara, ndr), mangiare un burger, seguire il riscaldamento dei giocatori. Mi sento molto sicuro a portare mio figlio allo stadio, vent'anni fa non l'avrei fatto. Rispetto ad Highbury la vista è fantastica da tutti i punti. Inoltre, con la red card, abbiamo la priorità per l'acquisto dei biglietti, con sconti per le famiglie, e possiamo partecipare agli eventi del Junior Gunners come la festa di Halloween organizzata dentro lo stadio».

I nostri stadi, invece, sono sempre meno frequentati, sempre meno vissuti. “Nella scorsa stagione – si legge su blog.panorama.com – solo il 10% del fatturato dei club italiani di serie A e B è arrivato dal botteghino con un tasso di riempimento degli impianti del 56% e un calo di spettatori del 4,4%. Più in dettaglio, la riduzione dei ricavi da stadio nel 2011-2012 è stata di 22 milioni di euro (253 milioni contro i 275 del campionato precedente). Un dato che non ha corrispettivi nel resto d’Europa, dove per quasi tutti i team l’impianto vale almeno un terzo dei ricavi, oltre a rappresentare lo strumento ideale attraverso il quale realizzare gigantesche economie di scala: niente più affitti da versare ai comuni, tanto per dirne una, e niente più spese accessorie per sede, negozi e campi d’allenamento”.

Come affrontare dunque la situazione degli stadi in Italia? Come dare il via a quel processo di rinnovamento e ricostruzione che, secondo quanto espresso da Giovanni Malagò a Il Sole 24 Ore porterebbe a nuovi posti di lavoro (il neoeletto presidente del Coni cita statistiche europee che mostrano come la realizzazione di 400 posti a sedere di uno stadio genera due posti di lavoro a tempo determinato e uno a tempo indeterminato. Quindi un impianto da 20mila posti equivarrebbe a una fabbrica da 150 lavoratori)?

Per fare chiarezza sulla situazione degli stadi in Italia e sul futuro che attende queste strutture, abbiamo intervistato due architetti e un ingegnere, che operano da lungo tempo in questo settore.

     
Nella foto: il nuovo Juventus Stadium, l'unico stadio di moderna concezione nel panorama italiano.

 
 
Torna indietro