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Ingegnere Carlo Rotellini dello Studio Teco di Bologna
27.09.2013

Gli stadi in Italia non sono monumenti

Intervista a l'ing. Carlo Rotellini, socio presso lo Studio Teco di Bologna, sulla situazione attuale degli stadi in Italia

Categorie: sport, news sport, stadi e arene,

Intervista di Alice Spiga

Esperto in progettazione di impianti sportivi e scolastici, oltre che in tema di project management, gestione di opere pubbliche e Project Financing, l'ing. Carlo Rotellini, socio presso lo Studio Teco di Bologna, condivide con noi la propria esperienza nel settore degli stadi in Italia.

Un settore che, secondo il parere dell'ingegnere, nel nostro paese è rimasto indietro rispetto al resto del mondo, bloccato da una burocrazia complessa, ancora troppo lontano da logiche commerciali e di marketing che all'estero sono invece all'ordine del giorno, costituito da strutture ormai obsolete che si farebbe prima a demolire e ricostruire da zero, perché - come sostiene Rotellini - "l’impiantistica sportiva non è un monumento, per quanto poi esistano degli stadi bellissimi. Mi piace pensare che siano come delle macchine che, quando si rivelano inadeguate e hanno finito la loro storia, vengono demolite".

1) Ing. Rotellini, che cosa è cambiato dagli anni '90 ad oggi nel settore degli stadi in Italia?

"Mi viene da sorridere a pensare alla risposta perché, in realtà, dagli anni 90 ad oggi in Italia non è cambiato niente. A parte la Juventus, che è riuscita a portarsi a casa il nuovo stadio, in Italia non sono stati più realizzati nuovi stadi; sono state fatte solo piccole opere di maquillage, di ristrutturazione. Di fatto, l’Italia non ha esempi di costruzione innovativa, per cui non ha nemmeno una scuola di progettazione. Questa è purtroppo la nostra situazione oggi."

2) Il motivo per cui siamo rimasti “fermi”?

"Non c’è sicuramente un singolo motivo per cui questa situazione si è incancrenita. I fattori in gioco sono molti. Di sicuro il tema stadio si porta dietro problematiche burocratiche, amministrative, finanziarie, urbanistiche molto complesse. Ad oggi, mettere mano a queste “mega-strutture” ha tanti e tali complicazioni che diventa una sfida quasi improba.

D’altra parte, però, c’è un altro dato che è mancato in questi anni, ovvero il rinnovamento delle società che gestiscono queste grandi strutture. È una “cultura di gestione” che manca in Italia e che andrebbe costruita ad hoc, affinché le società possano acquisire le competenze specifiche alla gestione di questi impianti.

In Italia non si è investito in questi fattori perché non sono stati visti come priorità e, andando avanti nel tempo, siamo rimasti indietro. Invece, il mercato degli stadi in Italia è molto interessante; studi, da noi svolti di recente, hanno mostrano un numero limitato di stadi di serie A, mentre abbiamo un numero notevole di squadre di serie B e serie C, con capienza diciamo intorno ai 10-15mila posti, che avrebbero una potenzialità enorme con investimenti assolutamente abbordabili.

Solo che prima dobbiamo uscire dalla mentalità dello stadio chiuso su se stesso, dove si gioca solo a calcio. Perché gli stadi hanno anche una valenza turistica, hanno la capacità di attrarre eventi, garantendo una stagione molto più lunga di quella calcistica."

3) Quindi: quale soluzione propone?

"Gli stadi sono mega spazi e devono vivere tutto l’anno. La partita dovrebbe essere considerata un evento al pari di tutti gli altri eventi che questi luoghi potrebbero ospitare. Poi ogni stadio avrebbe la sua vocazione, perché molto dipende dal territorio in cui vengono inseriti; ogni caso è da analizzare e studiare di volta in volta. Però una cosa è certa: sono luoghi che hanno un’attrattiva potenziale incredibile.

Ovviamente non voglio semplificare il problema: costruire uno stadio è un’operazione complessa, però non è neanche produttivo pensare sempre che non si possa fare mai niente. È chiaro che ci vuole la disponibilità e l’impegno da parte di tutti. La Juventus in questo senso può forse aiutare a spianare la strada; dati economici che loro stessi pubblicamente dichiarano fanno pensare che, anche in periodo di crisi, dei ragionamenti si possono fare."

4) E dal punto di vista della riduzione dei costi? Quali interventi di manutenzione si potrebbero ipotizzare?

"Per tagliare i costi di uno stadio, bisognerebbe abbatterlo e ricostruirlo da zero. La ristrutturazione può essere efficace, ma non avrà mai i benefici di una nuova costruzione.

L’impiantistica sportiva non è un monumento, per quanto poi esistano degli stadi bellissimi. Mi piace pensare che siano come delle macchine che, quando si rivelano inadeguate e hanno finito la loro storia, vengono demolite. E questo perché cambiano le usanze, cambiano le necessità, cambia l’efficienza e l’efficacia di queste strutture.

Questo è ovviamente un pensiero personale, non sempre condiviso dai miei colleghi o architetti, ma se penso allo stadio di Firenze, pur essendo realizzato da Nervi, non posso evitare di ritenerlo inefficace, per cui recuperarlo secondo logiche moderne significherebbe stravolgerlo così tanto che non avrebbe un senso.

Solo per porre un esempio, stiamo progettando uno stadio in Russia (nell'immagine sotto), anche solo la distribuzione e la logistica dei punti di ristoro è pensata per portare dei benefici gestionali. Oggi i nostri stadi non solo obsoleti solo nelle strutture, lo sono anche nelle logiche gestionali e di marketing.
      

          
Sono andato a vedere degli stadi americani di football e non si può immaginare che cosa significhi gestire questi luoghi. Anche solo il concetto di vendita degli biglietti; loro conoscono tutto dei loro clienti. Se perdi una partita, ti arriva un sms sul cellulare che ti consiglia come recuperare i soldi andando a spenderli in qualche negozio. Sanno tutto di chi entra, delle sue necessità, delle passioni.

C’è un lavoro da fare in Italia su questi aspetti che è mostruoso."

5) Però, immagino che anche demolire abbia un costo...

"Certo, ma è relativamente basso. Senza contare che oggi si ricicla praticamente tutto. Costa molto meno demolire e rifare, piuttosto che tenere in piedi strutture inefficienti e pensare di ricavarci uno stadio moderno.

Questo è ovviamente il mio pensiero, posso sbagliarmi, però continuo a pensare che, va bene che non sono soldi miei, ma se devo scegliere tra pagare un giocatore 15 milioni di euro e investirli sullo stadio e portarlo a una gestione efficace, forse li investirei sullo stadio.

Il problema è che le società di calcio devono poter avere avanti a sé un determinato numero di anni; se nel giro di poco tempo le squadre vengono vendute e subentra qualcun altro, è ovvio che l’investimento non è più tanto proficuo.

La fortuna della Juventus è stata che la famiglia Agnelli è lì da sempre, non si può certo dire la stessa cosa per altre strutture italiane. Le squadre cambiano proprietà con grande facilità, e quindi mi rendo conto che sia più facile cambiare i giocatori piuttosto che investire sulla struttura. In questa logica, però, per forza che nessuno si azzarda a fare un passo."

6) In questo contesto, quale ruolo pensa potrebbe avere la "Legge sugli Stadi"?

"La legge non può essere la panacea di tutti i mali, non può essere la soluzione ai problemi finanziari (non esiste una legge che regali soldi...), che invece vanno risolti indipendentemente dalla legge, con progetti gestionali adeguati. Però, se scritta bene, la legge potrebbe aiutare a semplificare un processo che a oggi è decisamente complicato.

Per fare un esempio, se oggi cerchiamo di mettere le mani sullo stadio Dall'Ara di Bologna , oltre alla parte pubblica della discussione cittadina, tra norme, proprietà, concessioni, enti che controllano le attività, diventa un problema che di sicuro non rende appetibile a nessuno l’investimento.

Una legge che facili il processo potrebbe essere utile, mentre averla promessa e mai fatta è più un male che un bene, perché culturalmente passa il concetto che sia troppo complesso e quindi impossibile. E purtroppo, dove non c’è certezza non ci sono nemmeno persone disposte a investire".

Per approfondire

Questa intervista è parte integrante di un articolo dedicato alla situazione attuale degli stadi in Italia, pubblicato nel numero 13, luglio-settembre, di Sport Industry Magazine .

 
 
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