Impianti Sportivi

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04.05.2015

Regione Lombardia: fare rete per costruire lo sport

Intervista ad Antonio Rossi, assessore allo sport della Regione Lombardia

Categorie: sport, sport news, impianti sportivi, istituzioni sportive,

a cura di Alice Spiga

In occasione dell’ultima edizione del Congresso ForumClub e ForumPiscine, svoltosi a febbraio 2015 a Bologna, abbiamo avuto l’occasione di assistere alla sessione “Lo sport che tutti vorremmo”.

L’evento ha visto la partecipazione di Antonio Rossi, assessore allo sport della Regione Lombardia, intervistato da Andrea Biondi, gestore di diversi impianti sportivi nella zona di Genova, e Andrea Massagli, alla guida di uno dei più prestigiosi centri poli-acquatici e wellness – Hidron, a Campi Bisenzio, Firenze.

Il risultato è stato un dibattito di grande interesse sulla gestione degli impianti sportivi in Italia, che ha permesso di approfondire temi di grande importanza, soprattutto perché la Lombardia rappresenta un caso particolare dal punto di vista gestionale.

Esiste una MilanoSport che gestisce direttamente tutta una serie di impianti, ma esistono anche soggetti privati che prendono in gestione gli impianti tramite bandi pubblici, e privati che hanno centri di proprietà gestiti autonomamente, quindi una grande varietà di casistiche e di esempi.

Per questo motivo, Antonio Rossi ha scelto, come segretario personale, Angelo Gnerre (anche lui presente in sede d'intervista), gestore di lunga data e di lunga esperienza nel nostro settore.

Siccome l'intervista era decisamente molto lunga e allo stesso tempo ricca di spunti interessanti, abbiamo scelto di dividerla in due parti:

  1. Su Sport Industry Magazine 20 (che potete richiederci gratuitamente), abbiamo pubblicato la parte riguardante i finanziamenti pubblici, il risparmio energetico, la nuova legge regionale per lo sport, le politiche sportive attivate dalla Regione affinché lo sport diventi uno stile di vita.
      
  2. In questo articolo, invece, entriamo nel merito della situazione attuale dell’impiantistica sportiva in Lombardia (e il censimento degli impianti sportivi), il problema dei bandi e dei criteri di assegnazione degli impianti da parte delle pubbliche amministrazioni, il turismo sportivo come leva di business e la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024.
       
Intervista ad Antonio Rossi
1) Partiamo dalla situazione attuale dell’impiantistica sportiva in Lombardia: in che stato si trovano i vostri impianti sportivi? Esiste un censimento?

«Sì, un censimento esiste ed è pubblicato sul sito della Regione, però sono dati che di certo hanno bisogno di essere aggiornati. Solo per farvi un esempio: quando sono andato a cercare, sul sito della Regione, a casa mia – Lecco – non c’era la società in cui sono cresciuto – la Canottieri Lecco – e per me è stato il campanello d’allarme che qualcosa non andava.

Per questo ci siamo subito attivati per portare avanti un nuovo censimento e abbiamo scelto di coinvolgere l’ANCI, sfruttando il programma quadro che abbiamo attivato proprio con l’associazione nazionale comuni italiani.

Parallelamente, un censimento lo sta compiendo anche il CONI, su scala nazionale; il problema maggiore è che le piattaforme che stiamo utilizzando sono diverse, quindi dobbiamo trovare il modo di metterle in comunicazione e far convergere i dati raccolti.

Penso sia molto importante poter contare su un’anagrafe sportiva aggiornata, perché questa sarà di grande aiuto su come muoversi per le future costruzioni e per la scelta oculata dei progetti ai quali destinare i finanziamenti. Trovo sia inutile, ad esempio, avere 4 campi da calcio in due Comuni con poche anime, quando magari potrebbe servire un campo da rugby.

Senza contare che aiuterebbe nell'abbassare i costi di gestione: se, come mi hanno riferito, per far funzionare una piscina in modo efficiente si deve contare su un bacino di utenza di 40mila persone, è inutile che due Comuni di 4mila persone costruiscano due piscine.

Per quanto riguarda gli impianti sportivi attuali, in Lombardia sono presenti circa 16500 impianti, il 60% ha superato i 30 anni, quindi necessitano di interventi di ristrutturazione».
   

2) Veniamo ad analizzare uno dei problemi cardine del sistema sportivo italiano: i bandi e i criteri di assegnazione degli impianti da parte delle pubbliche amministrazioni.
In pratica, fino a questo momento si è sempre deciso chi doveva prendere in carico l’impianto, basandosi su due fattori (prettamente economici): quanto la pubblica amministrazione riceveva di canone e quanto il gestore che avrebbe vinto il bando doveva poi investire sull’impianto stesso.
Dal tuo punto di vista, quali potrebbero essere delle manovre correttive che tengano conto che chi va a gestire un impianto pubblico ha una finalità sociale e ospita tutta una serie di attività che non hanno una ricaduta economica, ma solo un valore sociale?

«Volevamo inserire, nella nuova legge regionale per lo sport, una modalità che permettesse di dare un diverso peso alla scelta del gestore, ma la sfera giuridica non ce l’ha permesso, perché è di competenza comunale. Dal mio punto di vista, la soluzione è il Paternariato Pubblico Privato perché, trattandosi di investimenti a lungo termine, la selezione del futuro gestore è molto più rigida».

Interviene Angelo Gnerre: «Ci tengo a precisare che, nel ridisegno della nuova Legge Regionale dello Sport, abbiamo scelto di non toccare la Legge 27 (che in Regione Lombardia sancisce tutta una serie di criteri, non solo economici, per l'assegnazione in gestione dell’impianto) perché saremmo andati contro le Direttive Europee. Toccare quella norma significava invalidare tutta la Legge Regionale.

Condivido però l’idea che, nel settore sportivo, si debba andare verso un'era di Paternariato dove, già dalla progettazione, si deve prendere in considerazione anche la gestione e confrontarsi con le esigenze del territorio.

Andando avanti, gli investimenti da parte delle PA saranno sempre più vicine allo zero e c’è la forte probabilità che, in futuro, la PA stessa s’indebiti. Quindi il PPP può essere l’unica strada percorribile per poter contare su impianti efficienti e sostenibili, anche da un punto di vista gestionale».

«A prescindere da tutto questo - conclude Antonio - io penso che il Comune abbia il dovere di tenere in considerazione il valore sociale delle strutture sportive, premiando e venendo incontro a quelle gestioni che tengono aperto oltre l’orario per dare spazio ad attività non remunerative e che infondono sforzi per garantire l’accesso a persone affette da disabilità fisica e per garantire lo sport ad ampie fasce di popolazione.

Per fare questo motivo penso che il Comune dovrebbe conoscere meglio e più da vicino le società che operano sul suo territorio, cogliendo ogni occasione per entrare in contatto con queste realtà».
    

3) Il turismo porta con se’ il concetto di famiglia, del trascorrere del tempo di qualità assieme ed è certamente un concetto da sfruttare anche in ambito sportivo, per creare servizi di qualità. Che cosa ne pensa?

«Sono pienamente daccordo e vi porto un esempio. A Lecco possiamo contare su una tradizione eccellente di alpinisti. L’associazione che vi opera è famosa a livello internazionale. Sotto le sue ali si sono allenati e formati i maggiori alpinisti al mondo, eppure Arco di Trento riesce a muovere un turismo sportivo che è 20 volte maggiore di Lecco.

Per risolvere questo gap, abbiamo portato avanti un accordo di programma con il Comune, con la Provincia, con le comunità montane per ristrutturare le Falesie, i parcheggi e i servizi correlati, in modo da poter offrire un pacchetto completo e d’eccellenza.

Ogni territorio ha le sue caratteristiche e le sue potenziali attrattive e penso che lo sport possa essere una leva d’eccellenza per valorizzare i servizi e incentivare il turismo.

Lo sport non è soltanto fare movimento, ma attorno a questo c’è molto altro, che può dare un vero incentivo all’economia. E i Comuni e i privati devono rendersi conto della portata economica che lo sport può generare se ben gestito e ben sfruttato.

Credo anche che questo settore abbia bisogno di fare proprio un concetto: quello di fare rete. Se si vuole andare avanti, i Comuni devono unirsi, le associazioni devono unirsi, tutte le diverse realtà imprenditoriali dello sport devono unirsi, solo così si può riuscire a mettere in atto dei bei progetti.»
     

4) Infine, una domanda che siamo sicuri ti coinvolgerà anche come sportivo: condividi o non condividi la candidatura a Roma 2024?

«Per rispondere devo premettere che facevo parte della giunta CONI, che oggi sono nel Consiglio Nazionale CONI per l’atletica e ho vissuto anche la candidatura Roma 2020, dove il Premier Monti ha detto "No" perché non sussistevano le basi economiche per affrontare una Olimpiade, per cui oggi non posso che chiedermi: "se già allora non c’erano le basi per portare avanti una candidatura, che comunque costa tra i 16 e i 20 milioni, come può esserci ora?"

Se non fossi stato assessore, lo ammetto, non sarei stato cosciente di quello che c’è nelle casse dello Stato e non avrei vissuto in prima persona i tagli che operano alle Regioni (l’ultimo è stato di 800 e passa milioni), quindi avrei accolto in maniera molto più favorevole e a cuor leggere l’avventura di una candidatura Olimpica.

Nella realtà attuale, mi rendo conto pienamente che non ci sono le risorse; si pensi che, al di là della candidatura, le Olimpiadi di Londra sono costate circa 11miliari e mezzo, dei quali 1 miliardo e due a carico della città di Londra.

Detto questo, penso che il CONI faccia bene a portare avanti una candidatura perché si parla del 2024 e, chiamatela deformazione da atleta, ma sono positivo se guardo avanti nel nostro futuro e penso che anche l’Italia debba avere fiducia di poter portare avanti un bel progetto come questo».

 
 
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