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01.09.2016

Intervista a Giovanni Finotto

Giovanni Finotto, docente a contratto dell’Università Ca’ Foscari in materia di sicurezza di laboratori ed impianti industriali, ha risposto ad alcune domande riguardanti la prevenzione del rischio chimico in piscina.

Categorie: piscine, piscine news, sicurezza in piscina, trattamento acqua,

      

a cura della redazione di Sport Industry

             

Lo scorso 6 giugno è stata presentata una serie di misure di sicurezza contro il rischio chimico in piscina presso il Campus Scientifico Ca’ Foscari, davanti a una platea di gestori, addetti agli impianti tecnologici e installatori (nell'articolo Nuove misure contro il rischio chimico in piscina abbiamo concentrato i punti fondamentali dell'incontro).

Per approfondire il tema, abbiamo rivolto alcune domande a Giovanni Finotto, coordinatore del Master in Scienza e Tecniche della Prevenzione e della Sicurezza dell’Università Ca’ Foscari.

             

1) Qual è stato il contributo del Master che coordina alla definizione delle dieci misure per controllare e ridurre il rischio chimico nelle piscine?

Il contributo del Master è stato rivolto sia all'aspetto tecnico-scientifico che caratterizza il rischio chimico derivante dagli impianti di trattamento dell'acqua sia nell'ambito dei processi e dei sistemi di gestione che devono mantenerlo sotto controllo. Il lavoro con gli esperti dell'ASL è stato di tipo collegiale e si è svolto nelle seguenti fasi:

  • Analisi delle varie tipologie di impianti presenti nelle piscine e verifica dei punti di forza e le criticià di ogni sistema;
  • Identificazione dei i pericoli chimici per la salute e per la sicurezza caratteristici di ogni fase di processo;
  • Verifica delle esposizioni al pericolo nei riguardi dei lavoratori interni ed esterni alla piscina e dei freuentatori tutti;
  • Stima e ponderazione del rischio chimico comprensivo del rischio interferenziale;
  • Definizione dei fattori di accettabilità del rischio;
  • Individuazione delle misure di prevenzione e protezione atte a ridurre e, qualora possibile, a eliminare i fattori di rischio;
  • Valutazione del rischio chimico residuo;
  • Determinazione degli interventi per la gestione delle emergenze.

           

2) Più volte, nel corso della presentazione, lei ha sottolineato come il decalogo non contenga niente di difficile da eseguire per i gestori. Tra le dieci misure considerate, quale potrebbe richiedere maggiore impegno nell’adeguamento?

In effetti il decalogo è stato studiato e proposto con l'obiettivo di ottenere il massimo risultato in materia di sicurezza con il minimo impegno, anche da un punto di vista economico, da parte dei gestori degli impianti. Le misure di sicurezza diventano significative solo quanto sono comprensibili, accettabili, condivise, facillmente applicabili e sostenibili economicamente. A mio avviso la misura che potrebbe richiedere maggiore impegno nell’adeguamento riguarda l’analisi del rischio interferenziale e la conseguente gestione della sicurezza per lavori, servizi e forniture con particolare attenzione agli aspetti del rischio chimico.

Dalla mia esperienza il problema, in questo caso, non è di tipo economico (praticamente irrilevante) quanto di natura organizzativa e gestionale. Riguarda la definizione di un Documento Unico di Valutazione del Rischio da Interferenze (DUVRI) che deve essere realizzato dal datore di lavoro committente con la collaborazione del soggetto incaricato delle attività previste dal contratto (es: fonitura di prodotti chimici, manutenzioni, ecc.).

Prevede la definizione di metodologie operative e procedure di sicurezza che devono essere conosciute e condivise da parte di tutti gli interessati e si caratterizza come una tematica di natura organizzativa e gestionale che coinvolge gli aspetti dell'informazione, della formazione ed elementi che contraddistinguono il fattore umano. Ancora una volta gli interventi che coinvolgono la sfera culturale e dei comportamenti sono i più difficili da realizzare.

                

3) Le risulta che altri enti, in Italia, abbiano dedicato un intervento specifico e strutturato al tema del rischio chimico in piscina?

Non conosco altre iniziative analoghe aventi lo stesso oggetto, gli stessi obiettivi e le medesime metodologie operative.

La particolarità di questa iniziativa è determinata dalla volontà di un organo di vigilanza (SPISAL) di condividere un progetto su un tema specifico come il rischio chimico relativo agli impianti di trattamento acqua e disinfezione delle piscine coinvolgendo un Master Universitario che si occupa di prevenzione, la FIN, le Associazioni di categoria (Assonuoto ndr) e puntando alla concretezza della azioni, alla chiarezza dell'informazione, all'efficacia degli interventi proposti a vantaggio di tutti e per la sicurezza di tutti.

            

             

Giovanni Finotto

Laureato in Chimica Industriale si occupa di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro dal 1995. È nel mondo del nuoto dall’età di 6 anni prima come atleta, successivamente come istruttore e, infine, come responsabile e consulente per la sicurezza di impianti natatori e di Assonuoto, con cui ha realizzato nel 2004 il modello di manuale di autocontrollo delle piscine.

Attualmente è docente a contratto dell’Università Ca’ Foscari in materia di sicurezza di laboratori ed impianti industriali, coordinatore operativo del Master in Scienza e Tecniche della Prevenzione e della Sicurezza dello stesso Ateneo e componente di uno spin off di Ca’ Foscari di recente istituzione con iniziative in materia di prevenzione a supporto di enti pubblici ed aziende.

Ha all’attivo 25 pubblicazioni in materia e 180 tesi di Master ed è relatore in numerose e importanti iniziative e convegni a livello locale e nazionale nelle materie della tutela della sicurezza e della salute, della prevenzione incendi e del rischio chimico.

              

 
 
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