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26.01.2011

La gestione degli impianti sportivi: aspetti controversi

Categorie: sport, sport news, impianti sportivi, gestione impianti sportivi, norme e leggi,

di Guido Martinelli

Uno degli aspetti maggiormente trascurati nella progettazione degli impianti sportivi è la consapevolezza che, una volta ultimati, questi dovranno essere anche gestiti.

Proprio la gestione è uno dei temi più difficili, in quanto la possibilità di effettuarla in condizioni di equilibrio economico è la scommessa da vincere per una resa ottimale dell’impianto stesso.

Partiamo dalla disanima degli impianti sportivi realizzati dagli enti pubblici territoriali.
Dopo un primo periodo di gestione diretta degli stessi, nella grandissima maggioranza dei casi la “crisi” economica di Comuni e Provincie ha provocato l’abbandono della conduzione integrale in prima persona da parte dell’ente pubblico per affidarsi o a un appalto di servizi o a una concessione di servizi.

Si realizza la prima ipotesi in tutti quei casi in cui la pubblica amministrazione rimane “titolare” della conduzione dell’impianto – determinandone, quindi, gli utilizzatori, dai quali riscuote direttamente le cosiddette “tariffe d’uso” – ma affida in appalto, previa procedura pubblica di identificazione del contraente, la gestione dei servizi (pulizia, servizi di sorveglianza, posto di ristoro, strutture tecnologiche, ecc.). In questa ipotesi, il costo del servizio è assunto comunque dall’ente proprietario a fronte della riscossione dei canoni di utilizzo. Di fatto la Pubblica Amministrazione, a fronte del mantenimento del diritto di decidere chi e come utilizzare l’impianto, se ne assume i rischi gestionali.

La procedura maggiormente utilizzata è tuttavia quella di concessione amministrativa di pubblico servizio.
Questo contratto presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, a eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi. In tale ipotesi il costo del servizio ricade sull’utenza, mentre il concessionario si assume i costi e, di conseguenza, i rischi della gestione.

Tale scelta – sicuramente la migliore sotto numerosi punti di vista – nasconde un equivoco che non va sottaciuto.
Il compiacimento insito nel fatto di affidare la gestione al c.d. volontariato sportivo nasconde spesso la speranza che le facilitazioni fiscali e previdenziali previste per le risorse umane, che operano in favore di detti enti, possano riequilibrare le componenti economiche della gestione comprimendone i costi. Ciò senza tenere presente, invece, che nella maggior parte dei casi per le mansioni richieste (addetti alla custodia, alla manutenzione, alle pulizie, ecc.) non appare possibile avvalersi delle agevolazioni previste per quei soggetti che svolgano con i citati sodalizi sportivi delle collaborazioni definite, secondo il disposto della legge, amministrativo-gestionali.

Sulla materia in esame dispongono i commi 24 e 25 dell’articolo 90 della legge 289/02 (meglio nota come Finanziaria 2003).
La prima norma citata ricorda che l’utilizzo degli impianti sportivi pubblici deve essere aperto a tutti i cittadini e che ne deve essere garantito l’uso, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni sportive.

Ma è la seconda norma quella di maggior interesse ai nostri fini.
Qui viene infatti previsto che nei casi in cui l’ente pubblico proprietario non intenda gestire direttamente gli impianti, la gestione debba essere affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche sulla base di convenzioni che ne stabiliscano i criteri d’uso previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari. Viene assegnato poi alle Regioni il compito di legiferare per individuare le concrete modalità di affidamento.

Il problema consiste proprio nel come poter garantire questo utilizzo in via preferenziale, e se questa scelta sia compatibile con il sistema della concessione di pubblici servizi. Partendo da quest’ultimo aspetto, infatti, occorre sottolineare come le recenti direttive comunitarie recepite dal nostro ordinamento prevedano, in tale materia, l’assoluta parità di diritti tra i potenziali concorrenti all’affidamento del pubblico servizio. Da qui il rischio che tale scelta legislativa possa essere messa in discussione a livello comunitario.

Va detto che, comunque, essa non appare priva di “ratio”. La gestione di attività a carattere agonistico non sempre coincide con il maggior ritorno economico da parte dell’impianto. Ove io impegni, ad esempio, delle corsie di una piscina per manifestazioni agonistiche o per allenamenti di atleti, queste sarebbero improduttive di ricavi per il gestore. Ove, invece, le destinassi al nuoto libero o alla corsistica, queste sarebbero occasione di “proventi”. Da qui la condivisibile scelta del legislatore, tesa a cercare di evitare che l’agonismo possa “sparire” dagli impianti sportivi pubblici.

Sul come garantire questa “preferenzialità” vanno fatte due considerazioni.
- La prima è che, sicuramente, questa non appare una sorta di salvacondotto per l’affidamento diretto a un soggetto arbitrariamente scelto dalla Pubblica Amministrazione proprietaria. Lo stabilisce la stessa legge sopra ricordata laddove fa comunque riferimento alla necessità di stabilire «criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari.»

- La seconda è che, in genere, le ancor poche regioni (circa un terzo) che hanno provveduto a disciplinare con proprie leggi la materia non hanno brillato per la ricerca di soluzioni adeguate. È certo che risulta confermato l’obbligo di affidarsi a metodiche pubblicistiche per la scelta del contraente, lasciando l’affidamento diretto come ipotesi residuale nel solo e unico caso in cui si tratti di impianti privi di rilevanza economica (ad esempio, campi di calcio di quartiere) e/o di carattere specialistico per i quali sul territorio opera solo una associazione che svolge la disciplina sportiva di riferimento.

Da sottolineare la scelta della Regione Toscana – l’unica che brilla per originalità – la quale prevede prima una selezione dei requisiti richiesti al concessionario, poi una gara a cui partecipino solo associazioni e società sportive dilettantistiche e, nel caso di mancata aggiudicazione per assenza dei requisiti da parte dei partecipanti, un successivo bando aperto a tutti.

Nell'immagine: l'esterno del West Vancouver Aquatic Centre, foto di Martin Tessler.

 
 
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