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29.03.2016

Il mercato mondiale dello sci e del turismo montano

Un'analisi di grande interesse del mercato dello sci e del turismo di montagna nel mondo, con un approfondimento sull'Italia

Categorie: sport, sport news, sport e turismo, ricerche e studi,

a cura di Alice Spiga

Ad aprile 2016 verrà pubblicata l'edizione 2016 deI International Report on Snow & Mountain Tourism, un documento che fornisce una prospettiva mondiale sullo sviluppo e sul peso economico del mercato dello sci paese per paese.

Nel corso degli anni, lo scopo di questo rapporto è stato di espandere i propri confini territoriali, con l'obiettivo di arrivare a comprendere tutte le località e le destinazioni sciistiche del mondo, senza diventare una "banale" guida alle stazioni sciistiche.

Ogni edizione, pur continuando ad aggiornare e a implementare le informazioni riguardanti i paesi già presenti nel report, comprende infatti l'analisi di nuovi mercati; con l'aggiunta di Croazia, Israele, Libano e il Liechtenstein, il report del 2015 copriva già 60 paesi, che rappresentano il 99,8% del volume totale del mercato.

«In molti paesi l'industria del mercato dello sci è carente dal punto di vista statistico - raccontava Laurent Vanat nel 2015, creatore e curatore del Report - e sono stato costretto a fare affidamento su delle stime. Alcuni paesi invece rappresentano mercati relativamente piccoli rispetto alle regioni alpine e sono ancora pressoché sconosciuti. Pertanto, per alcuni paesi si entra in maggiore dettagli rispetto ad altri mercati più "familiari"».

A prescindere da questa premessa, Vanat sottolinea una tendenza generale verso una stagnazione di questo mercato. Anche la zona delle Alpi (che comprende Austria, Francia, Italia e Svizzera, quindi l'area di maggiore attrazione per il turismo invernale), pur continuando a beneficiare delle visite di tedeschi, inglesi, olandesi e belgi, non registra però un aumento del numero di sciatori.

«Dall'inizio degli anni 2000 - scrive Vanat - la misurazione annuale delle visite da parte degli sciatori (impiegato da molti anni in Nord America) è stato introdotto nella maggior parte delle destinazioni principali (anche se purtroppo, non è ancora prassi generale in tutti i mercati).

Dopo pochi anni è diventato evidente che non era solo una questione di tempo e della neve, o delle condizioni buone o cattive dell'economia. Il problema era più importante.

È emerso che la popolazione stava crescendo, ma non il numero di sciator /visite sciatore. E questo fatto è diventato progressivamente evidente in molti dei principali mercati, anche in quelli che avevano beneficiato fino ad allora di clienti stranieri».

«La favola del serbatoio inesauribile di clienti stranieri è ormai al termine - continua Vanat - Questo serbatoio è stagnante ed è anche diffuso su nuovi mercati. La sfida è insegnare a scirare alle nuove generazioni. E se i paesi alpini hanno già sperimentano difficoltà ad insegnare lo sci sui loro mercati nazionali, come faranno ad avere successo sui mercati esteri?

Se Internet è il veicolo ideale per raggiungere facilmente nuovi clienti, è però anche un fallimento totale per insegnare alla gente come sciare! Ci vorrebbe una grande campagna di sensibilizzazione per rivitalizzare l'apprendimento dello sci, in modo da rendere accessibile questa disciplina alle nuove generazioni. Europa e Nord America devono insegnare ai propri figli a sciare, e questo a prescindere dal loro background culturale.»

Focus sul mercato Italia

In attesa che sia pubblicato il report 2016, ci teniamo a riportare la lettura di Vanat del mercato dello sci e del turismo montano in Italia, così come dettagliato nell'edizione 2015.

«Sebbene la maggior parte delle stazioni sciistiche siano concentrate nelle regioni del nord del Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino, Alto Adige (Südtirol) e Veneto, sono presenti stazioni sciistiche minori nella maggior parte del paese, comprese le isole di Sicilia e Sardegna.

L'industria dello sci italiano è simile al modello austriaco nel Tirolo del Sud e nelle regioni orientali, e condivide alcune somiglianze con le stazioni francesi in Occidente. Alcuni comprensori sciistici sono molto dinamici - come il Dolomiti Super Ski, che conta 450 impianti di risalita e 1200 km di piste - e offrono un alto livello di infrastrutture, di impianti di risalita e d'innevamento.

Tuttavia, il mercato italiano è formato da una moltitudine di piccoli operatori. L'evoluzione di alcune altre aree è stata più lenta, contribuendo ad una temporanea riduzione delle visite da parte degli sciatori.

L'industria italiana si mostra dunque piuttosto frammentata, con nessun operatore principale. Essa si basa principalmente su clienti nazionali e presenta il tasso più basso di partecipanti stranieri dei paesi alpini.

Dal 2002 fino al 2009, il 20% degli impianti di risalita sono stati rimossi e un ulteriore 20% è stato rinnovato, per un totale di 445 nuovi impianti di risalita. Anche se gli operatori italiani hanno investito piuttosto pesantemente negli ultimi dieci anni, la partecipazione ha iniziato a diminuire.

E anche se questa tendenza si è invertita nel corso di un paio di ultime stagioni, l'Italia sembra avere un profilo di mercato piuttosto maturo e non è chiaro se si sperimenterà una reale crescita nel futuro».

Per approfondire

Per chi fosse interessato, si consiglia la lettura del sito di Laurent Vanat

Il report 2015 può essere liberamente scaricato - in lingua inglese - dal sito stesso di Vanat

 

Foto in apertura da www.freeimages.com

 
 
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