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21.10.2014

Agli italiani non manca la passione per il calcio, ma la voglia di andare allo stadio

Intervista a Salvatore Sanzo, Presidente CONI Toscana

Categorie: sport, sport news, stadi e arene,

Intervista di Alice Spiga

Continuiamo il nostro percorso (iniziato durante l'estate 2014) per cercare di capire le cause che hanno portato a un sempre maggiore spopolamento degli stadi italiani e, sopratutto, come fare per invertire questa tendenza e riportare il pubblico sugli spalti.

Grazie alla collaborazione con Studio Ghiretti & Associati, abbiamo avuto l'occasione di intervistare nuovamente Salvatore Sanzo, oggi Presidente CONI Toscana e Assessore allo sport del Comune di Pisa, oltreché atleta olimpionico.

<<Se ti sei perso la nostra precendente intervista a Salvatore Sanzo, cosa aspetti a leggerla?>>

Salvatore, con la consueta pragmaticità e schiettezza, c'ha offerto la sua opinione sullo stato attuale degli stadi e del calcio italiano, facendo considerazioni molto interessati sulla passione per il calcio, che non tende a diminuire, e sugli stadi che, per tutta una serie di ragioni, sono sempre più abbandonati.

Le soluzioni che lui ci propone mettono a confronto alcuni esempi eccellenti - come il Sassuolo, l’Udinese e la Juventus - che si sono o si stanno convertendo a una gestione di stampo manageriale, dove la parola d'ordine è efficienza.

Ma non vogliamo svelare troppo, quindi buona lettura.
 

L'intervista
  
1) Per quale motivo, secondo lei, gli stadi italiani sono ogni giorno sempre più vuoti?

«Il calcio italiano è storicamente tra i più importanti (per tradizione, successi, seguito, giro d’affari, attenzione mediatica) del continente. Purtroppo negli ultimi anni sta vivendo una crisi generalizzata che sta marcando una distanza sempre crescente dai rispettivi concorrenti stranieri (Inghilterra, Spagna, Germania su tutti).

Tra i dati che determinano la distanza c’è sicuramente il numero degli spettatori allo stadio, in costante diminuzione ormai da anni. In questo momento siamo leggermente in vantaggio sulla Ligue1 francese al quarto posto, ma i trend in atto lasciano presagire il sorpasso così come è successo nel ranking UEFA per mano delle portoghesi.

Si badi bene: l’Italia non sta perdendo i tifosi. Siamo una repubblica fondata sul pallone, scherza qualcuno, per cui non è la passione a calare (secondo l'ultima rilevazione di Demos-Coop negli ultimi 12 mesi è cresciuta del 4% nonostante la debacle Azzurra), ma la voglia di andare allo stadio.

Le cause sono più di una: in primis lo stato degli stadi italiani che, salvo l’eccezione dello Juventus Stadium, sono veramente inospitali e obsoleti, incapaci di attrarre un pubblico variegato.

In alcuni casi, penso ad esempio alle famiglie e ai bambini, i ciclici episodi di violenza fungono da deterrente alla frequentazione degli impianti sportivi (e delle zone limitrofe).

Il calo tecnico del nostro campionato, dopo i fasti degli anni ’90, certamente fa la sua parte: i top player attirano sempre (alla presentazione di Mario Gomez, a Firenze, c’erano 20mila persone).

E poi c’è la crisi, con la disoccupazione che incide soprattutto sulla fascia 20-30enni, che sarebbero i maggiori fruitori degli stadi».
    

2) Che cosa proporrebbe per risolvere la situazione?

«Partendo dalle cause sopra elencate, e guardando all’estero, occorre soprattutto investire su una nuova generazione di impianti.

Dopo l'occasione mancata di Italia ’90, quando si è pensato più ad allargare la capienza piuttosto che concepire nuove forme di fruizione dello spettacolo, è diventato improcrastinabile l’avviamento di una stagione riformistica.

Qualche avvisaglia la stiamo vendendo grazie al Sassuolo, che ha rilevato il vecchio Giglio per adeguarlo a una gestione più manageriale, l’Udinese che è in piena ricostruzione delle tribune e, soprattutto, la Juventus che gioca da tre stagioni in un impianto da 41mila posti dopo aver demolito il Delle Alpi (da 67mila posti) e aver stupito tutti con un’atmosfera “british".

Altre soluzioni? Sicuramente lavorare sulla sicurezza, anche se non è realistico chiedere alle forze dell’ordine di impegnarsi più di quanto non facciano. Piuttosto, in controtendenza, si potrebbero ridurre le barriere che separano il campo dalle tribune e stemperare la tensione che le separazioni generano.

In generale, il segreto - tanto semplice da riconoscere quanto complicato da applicare - sarebbe quello di interrompere l’attuale avvitamento in peggio della situazione, per innescare il processo inverso e generare un circolo virtuoso: più attenzione all’esperienze delle famiglie, meno violenza, più spettacolo, meno crisi».

Per approfondire

Questo articolo fa parte di un ciclo di interviste dedicate ad appraffondire il tema "Perché gli stadi in Italia sono sempre più vuoti?". Sfoglia la sezione Stadi e Arene di www.sportindustry.com per consultare i pareri espressi dagli altri operatori coinvolti.

Leggi l'ultima ricerca condotta da Demos Coop sul tifo e sugli stadi in Italia

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