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Bambini in palestra con maglie da basket
22.07.2013

Progetti per la valorizzazione dello sport in Italia: intervista a Michele Uva

Michele Uva, direttore generale di Coni Servizi illustra priorità, strategie e risorse per valorizzare lo sport e gli impianti sportivi in Italia.

Categorie: sport, sport news, impianti sportivi, gestione impianti sportivi, istituzioni sportive,

di Lucia Dallavalle

L’analisi del patrimonio impiantistico esistente, la diffusione di una nuova architettura sportiva “sostenibile”, il rafforzamento del rapporto pubblico-privato e la promozione dello sport e dell’attività fisica tra i giovani in età scolare: sono solo alcuni dei temi che Michele Uva, da maggio 2013 Direttore generale di Coni Servizi, affronta e pone come obiettivi a medio-lungo termine per il sistema sportivo italiano.

In questa intervista, il vertice della struttura che è il “braccio operativo” del Coni, figura di primo piano nel mondo dello sport e autore di diverse pubblicazioni, illustra priorità, strategie e risorse per valorizzare lo sport e gli impianti sportivi in Italia.

Direttore Uva, il dato relativo alla pratica sportiva in Italia, per quanto migliorato negli ultimi trent’anni, è tra i più bassi d’Europa. Su quali leve si deve agire per arrivare a numeri in linea con quelli dei Paesi europei più "sportivi" ?

“Una delle leve più importanti per promuovere la pratica sportiva è il rapporto con la scuola. Il mondo dello sport deve instaurare un forte legame con la scuola. Non ci sono dubbi su questo. La pratica a livello scolastico, in Italia, è la chiave per arginare la forte percentuale di abbandono a cui assistiamo tra i 14 e i 18 anni e nella fascia successiva, tra 19 e i 24 anni: lì si perdono circa 9 milioni di praticanti.

Evidentemente il mondo della scuola, in questo momento, non riesce a determinare un livello adeguato di pratica sportiva: siamo tra le nazioni con il numero minore di ore di attività fisica a scuola in Europa, non ci sono programmi adeguati, c’è una mancanza di strutture sportive scolastiche e, secondo una stima recente, occorrono 4 miliardi di euro per rimettere a norma tutte le palestre scolastiche. L’anello debole in questo momento è il rapporto tra scuola e sport”.

Quindi, quattro miliardi per mettere a norma l’edilizia sportiva scolastica. E per mettere a nuovo tutti gli impianti sportivi quale sarebbe l’investimento necessario? C’è una stima del CONI a riguardo?

“Impossibile quantificarlo e spiego il perché. L’ultimo censimento sull’impiantistica ha quasi vent’anni. Anche la cifra indicata per mettere a norma l’edilizia scolastica è un numero stimato: non c’è il presupposto tecnico in questo momento per dare numeri reali e certificati. Non ci sono ricerche e, come ho già detto, il CONI non ha svolto un censimento dell’impiantistica sportiva negli ultimi vent’anni. Probabilmente bisognerà partire da lì, da un censimento sull’impiantistica sportiva pubblica e quella privata, per capire cosa c’è e se è funzionale o meno alle esigenze attuali e future dello sport italiano.”

Il CONI si è già attivato per la realizzazione del censimento?

“Diciamo che c’è in programma di fare questo censimento, però è tutto ancora da studiare. Il nuovo CONI del presidente Malagò si è insediato cento giorni fa, il CONI Servizi si è insediato un mese fa. È tra gli obiettivi di medio-lungo termine, perché comunque è una materia complessa che vede coinvolti tanti soggetti: i comuni, le province, le regioni e i privati. Poi c’è il tema degli enormi costi da affrontare per la finalizzazione del progetto.”

Lo sport può generare business ed essere strumento di sviluppo e crescita di un territorio, eppure la spesa pubblica per lo sport, si è andata via via contraendo negli ultimi anni. Come si può uscire da questa situazione di stallo?

“Non si può dire che sino a oggi non siano state destinate risorse allo sport. Le Regioni e le Amministrazioni comunali hanno risorse per lo sport nei propri bilanci, il Comitato Olimpico riceve un finanziamento annuale dallo Stato (purtroppo non più automatico), poi ci sono i capitali privati investiti nel Coni stesso, nelle federazioni, leghe e società sportive. Vi è una grande frammentazione.

Bisognerebbe studiare e programmare un progetto unico di sport e per lo sport; il frazionamento impedisce di avere una strategia completa e integrata. L’obiettivo principale è portare la gente a praticare sport, gente di ogni genere ed età, partendo dai giovani fino agli adulti e alla terza età. È chiaro ormai che la pratica sportiva sia un forte indicatore delle condizioni di salute di un Paese.

Quello che si spende nello sport è un investimento non è sicuramente un costo. Queste teorie sono da me state esplicitate nel libro Viaggio dello sport in Italia, scritto con l’economista Marco Vitale, e si trovano anche nel programma del neo presidente del CONI Giovanni Malagò. Ci credo fermamente.”

Si sta affermando il concetto di stadio sostenibile, con un numero di posti limitato, così come l’investimento. Il suo concetto di sostenibilità è però ancora più ampio. Ce lo può illustrare?

”Sostenibilità” è la parola giusta e deve riguardare due fasi. Prima di tutto quella della costruzione dell’impianto: si deve realizzare lo stadio adatto e adeguato alle esigenze del territorio sul quale dovrà essere costruito. È inutile fare a Matera uno stadio da 60.000 posti, se lo studio del territorio e il livello sportivo delle società utilizzatrici hanno parametri per uno da 15.000.

Poi, l’impianto deve essere sostenibile anche e soprattutto nella gestione post costruzione e questo è un altro dei punti dolenti. Si faccia l’esempio di Italia ’90. Gli stadi sono stati sostenibili nella costruzione soprattutto perché furono utilizzati soldi pubblici, ma, terminata la realizzazione, tutti gli stadi costruiti per quella occasione, in termini di gestione operativa, sono stati un disastro economico e finanziario.

Se si dovessero costruire impianti sostenibili, si determinerebbe sicuramente un volano per l’economia, per l’occupazione, per la socialità del territorio, per la pratica sportiva e si incrementerebbe la presenza agli spettacoli dal vivo. Questi sono tutti parametri che devono far parte di un’unica progettualità.”

Quali dovrebbero essere secondo lei le linee guida del prossimo disegno di legge per l’impiantistica sportiva?

“Fondamentalmente, si dovrà lavorare sul quadro normativo attuale. Non si può pensare di avere una legge speciale, né di ottenere risorse pubbliche in questo momento in cui mancano risorse anche per fare funzionare ospedali e scuole. Lo sviluppo dell’impiantistica sportiva, almeno per i prossimi dieci anni, dovrà essere legato fondamentalmente all’investimento privato.

Lo Stato dovrà però fare la sua parte. Dovrà rendere i tempi della burocrazia adeguati a un normale piano di investimento, perché se un privato decide di sostenere un investimento, ma ha la prospettiva di impiegare otto anni per ottenere le autorizzazioni necessarie, è chiaro che abbandoni il progetto prima ancora di partire. Quindi, l’obbligo delle amministrazioni pubbliche resterà non quello di tirare fuori denaro, ma dare certezza sulla tempistica della propria burocrazia. Questo è un grande sforzo che deve fare il Governo, il prima possibile, con una legge ad hoc.”

Nel suo nuovo ruolo di direttore generale di Coni Servizi come ne indirizzerà l’attività nell’ambito dell’impiantistica e della promozione della pratica sportiva?

“Il CONI è deputato allo sviluppo delle strategie per la crescita della pratica sportiva, per il coordinamento degli sport olimpici e tanto altro. Il CONI Servizi è il suo braccio operativo. Se si dà un’occhiata al programma del presidente Malagò, si ritrova questo rapporto forte con la scuola, si ritrova il rapporto forte con il territorio, si ritrova anche il concetto che lo sport non viene misurato dalle medaglie olimpiche, ma dal numero di praticanti. Questi sono i parametri su cui secondo me dobbiamo lavorare, ma non può essere solo il CONI a farlo. C’è bisogno di più componenti.

Lo sport è un’attività trasversale e quindi necessita del Ministero dello Sport, del Tesoro, delle Infrastrutture, dello Sviluppo, della Scuola, della Sanità, degli Interni, delle Amministrazioni pubbliche locali, dei privati, di tutti. Bisognerebbe mettere insieme queste forze per cercare di realizzare un progetto unico. Come ha detto il Primo Ministro della XVII Legislatura, Enrico Letta nel momento del suo insediamento, lo sport è un grande fattore di sviluppo economico e sociale e quindi c’è bisogno di un progetto che coinvolga tutti gli stakeholders. Non si può fare a meno di nessuno.

È una catena che bisogna avviare e chiaramente il CONI ha il compito di attivare un percorso di confronto con tutti i ministeri coinvolti e con tutti gli enti territoriali coinvolti. L’importante è che si capisca che sono tutti obiettivi a lungo termine. C’è bisogno di tempo, c’è bisogno di pianificare, c’è bisogno di risorse e su questo punto è importante anche riattivare il rapporto pubblico-privato.

Si dovranno trovare aziende che credano in questo percorso. Le aziende sono stufe di sponsorizzazioni e sono sempre più decise a focalizzare i propri investimenti in attività di partnership sociale, che abbiano una presa sul territorio, una presa sulla gente. Progetti più vicini alla gente e al territorio. Vanno sempre più diminuendo le aziende che sponsorizzano per la visibilità televisiva, saranno invece sempre di più quelle aziende che sono interessate a un ritorno sociale e questo ci aiuta molto nel processo che dobbiamo attivare.”

Foto da Ghedibasket.it

 
 
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