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27.09.2012

Chi costruirà nuovi impianti sportivi?

Categorie: news sport, norme e leggi,

Intervista di Lucia Dallavalle all’avv. Guido Martinelli, esperto del sistema sport italiano

Un’esperienza maturata in anni di consulenza, passati al fianco di chi gestisce impianti sportivi e palestre, federazioni ed enti di promozione, e anni di docenza, nei centri di formazione del Coni, in quelli accademici e nei grandi eventi di settore: con il suo curriculum, l’avvocato Guido Martinelli, socio fondatore dello studio Martinelli-Rogolino di Bologna, è annoverato tra gli esperti del sistema sport del nostro Paese. Con lui abbiamo affrontato alcuni degli aspetti più critici del patrimonio impiantistico, della sua gestione e dell’attesa (da molti, ma non da tutti) legge sugli stadi.

Questa intervista è parte integrante di un articolo dedicato al patrimonio impiantistico italiano, pubblicato sul numero 9, luglio-settembre 2012, di Sport Industry Magazine. Registrati al Portale e richiedi la tua copia gratuita

1) La carenza di impianti è una questione centrale nello sport italiano?

Per abusare di una similitudine che non è mia, se la disciplina praticata è il software, l'impianto sportivo è l'hardware di ogni attività sportiva. Quindi, senza impianti, il sistema "non gira". Se così fosse, seguitemi in qualche piccola considerazione.

Non si sono ancora del tutto spenti gli echi dei trionfi azzurri alle Olimpiadi di Londra. Bene, uno sport che ha ben figurato è stato il tiro a segno. Per praticarlo occorrono i poligoni. Questi, in origine sorgevano tutti su terreno del demanio militare ed erano, in origine, dislocati lontano dalle realtà urbanizzate. L'espansione delle città ha portato a costruire (ma i Comuni queste cose non le vedono, prima!) in prossimità di questi poligoni e, ora, aumentano le azioni giudiziarie per il presunto inquinamento acustico e da piombo che questi producono. Diventa un po' come con le discariche: chi ci abita vicino non le vuole più. Ma se così fosse, domani i futuri praticanti del tiro, dove potranno sparare? Sicuramente il problema appare socialmente molto meno rilevante di quello delle discariche dei rifiuti, ma mi sia comunque consentito un paragone che credo renda bene l'idea di quello che penso.

Cambiamo completamente genere e sport e passiamo ad un altro che, invece, a Londra ha deluso: l'atletica leggera.

Ai miei tempi, "l'anello" per le prove di velocità in atletica circondava sempre gli stadi di calcio. Poi si è detto che "allontanava" troppo gli spettatori del calcio ed è stato smantellato quasi ovunque. Ora l'atletica si è nuovamente ridotta ai cosiddetti “campi scuola” fatti dal coni negli anni Sessanta. Come pensiamo di poter uscire dal buio senza strutture?

2) La mancanza di strutture non è però l’unico problema che affligge l’impiantistica sportiva in Italia…

Passiamo dalla mancanza all'eccesso: alcuni sport di squadra (pallacanestro e pallavolo) prevedono, per disputare le attività di vertice, impianti sportivi con determinate e importanti capienze. Questo induce gli amministratori ad ampliare impianti o, in alcuni casi, a realizzarne di nuovi.

In quelle realtà dove la disciplina si consolida nel vertice, ovviamente il problema non si pone. Ma cosa accade (e avviene sempre più di frequente) se la società sportiva muore in poco tempo? Il Comune si trova una cattedrale nel deserto da gestire.

Questi sono solo alcuni piccoli casi delle problematiche che possono nascere attorno alla pianificazione di un impianto sportivo. Ma il problema vero, pro futuro, pare essere altro ancora.

3) A quale problema si riferisce?

Volendo escludere i grossi impianti per il calcio (vedi Torino), quali e quanti nuovi impianti da adibire ad attività sportive agonistiche sono stati costruiti da privati o da enti pubblici territoriali in questi ultimi cinque anni? E, sia chiaro, sto parlando non di centri fitness o di centri benessere, il cui boom è (o dovremmo forse dire anche qui “era”) noto. Stiamo parlando di impianti per la pallavolo, il calcio, la pallacanestro, la scherma, ecc., a carattere agonistico.

La mia sensazione (sarei contentissimo di essere smentito) è che siano veramente pochi. E con pochi impianti (e la finanza locale non promette nulla anche per il futuro) i risultati di Londra non potranno mai migliorare.

D'altro canto il realizzarli deve porre il problema del gestirli.

Fino ad ora lo abbiamo fatto con il volontariato. Da qualche anno a questa parte dietro questo termine si è spesso nascosto il lavoro nero (i famosi 7.500 euro usati per pagare tutto e tutti, senza assicurazioni né contributi previdenziali).

Quando, come si auspica, ci sarà solo il lavoro, senza colori, questi maggiori costi a chi dovranno fare carico?

4) Una sua riflessione su come fare uscire il sistema sportivo italiano dalla situazione che ha descritto?

La realizzazione di un impianto sportivo di base, di solito, è costruzione che difficilmente riesce a ripagarsi con la gestione. Pertanto rimarrà legata o all’intervento pubblico o a quello del c.d. “terzo settore”, ossia quello indirizzato al sociale. Ecco che una riflessione sul ruolo che, ad esempio, può avere la cooperazione sociale, con l’obbligo del reinvestimento degli utili prodotti ma con “corpo” da impresa, credo possa meritare un approfondimento

5) Qual è la sua opinione riguardo alla cosiddetta "Legge sugli stadi"?

Presto detto, un do ut des. Gli enti pubblici non sono in grado di finanziare il rifacimento e l’ammodernamento degli stadi e si trovano privati disponibili, dando loro in cambio cubature di residenziale o di commerciale da edificare e mettere sul libero mercato.

Ma vede, su questo tema la mia riflessione è altra. Cosa facciamo degli attuali stadi? Chi li gestirà e li “manutenzionerà”? Anche il distruggerli ha un costo. Vorrei che l’opinione pubblica venisse informata di questo aspetto.

Visto da vicino

Guido Martinelli, avvocato e docente a contratto presso l’Università di Bologna e Ferrara. Consulente di diverse Federazioni affiliate al Coni, autore di numerose pubblicazioni. Socio fondatore dello Studio Martinelli e Rogolino.

Questa intervista è parte integrante di un articolo dedicato al patrimonio impiantistico italiano, pubblicato sul numero 9, luglio-settembre 2012, di Sport Industry Magazine. Registrati al Portale e richiedi la tua copia gratuita

 
 
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