Norme e leggi per l'impiantistica sportiva

foto avvocato Giuseppe Velluto
24.09.2012

Project financing e impianti sportivi: opportunità di finanziamento

Intervista di Lucia Dallavalle all’avvocato Giuseppe Velluto, esperto di project financing

Questo articolo è pubblicato in news sport, finanziamenti e bandi, norme e leggi,

di Lucia Dallavalle

Tecnica finanziaria di origine anglosassone, il project financing viene spesso utilizzato per finanziare operazioni di partenariato pubblico-privato (PPP) finalizzate alla realizzazione e alla gestione di opere infrastrutturali.

Gli impianti sportivi rappresentano una buona parte delle opere di valore medio-piccolo realizzate, nell’ultimo decennio, in regime di concessione, facendo ricorso al project financing: molte amministrazioni locali si sono servite di questo strumento, ovviando in tal modo alla carenza di risorse proprie, per ristrutturare o realizzare centri sportivi polivalenti, campi da calcio, tennis e soprattutto piscine e centri acquatici.

Secondo i dati divulgati dall’Ance relativamente al 2011, gli impianti sportivi risultano tra le categorie di opere maggiormente bandite, sia nel caso di gare su proposta del promotore (22 bandi) sia in quelle a iniziativa pubblica (47).

Numeri che si abbassano in modo significativo se si passa a considerare le gare effettivamente aggiudicate: 6 gli impianti sportivi con gara ad iniziativa privata, per un importo di 9 milioni di euro; 13 quelli con gare ad inziativa pubblica, per 29 milioni di euro. In tutte e due le categorie, primeggiano gli impianti fotovoltaici, con importi di gran lunga superiori.

I dati illustrati per il settore dell’impiantistica sportiva confermano un aspetto che riguarda il mercato italiano del project financing nel suo complesso: a un andamento “vivace” nella fase di pubblicazione delle gare fa seguito un’elevata mortalità delle iniziative.

Tra il 2003 e il 2011 solo il 43% di gare bandite sono arrivate all’aggiudicazione. Nei primi 3 mesi del 2012, nella categoria degli impianti sportivi sono stati pubblicate 14 gare (2 per iniziativa privata, 12 pubblica), per un valore complessivo di 21 milioni di euro. Ma la strada per l’aggiudicazione e la chiusura del contratto di finanziamento è ancora lunga.

Per approfondire l'evoluzione di questo strumento finanziario e i nuovi fattori di sviluppo introdotti dai recenti decreti, con particolare riferimento al settore dell’impiantistica sportiva, abbiamo intervistato l’avvocato Giuseppe Velluto, partner dello studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners di Milano, esperto in project financing.

Questa intervista è parte integrante di un articolo dedicato al project financing, pubblicato sul numero 9, luglio-settembre 2012, di Sport Industry Magazine. Registrati al Portale e richiedi la tua copia gratuita .

1) A quali normative fa riferimento il project financing?

Il project financing è una tecnica finanziaria di origine anglosassone che consiste in un finanziamento a lungo termine, in cui il rimborso del finanziamento è garantito esclusivamente (non-recourse) o prevalentemente (limited recourse) dai flussi di cassa generati dalla gestione dell'opera prevista nel progetto.

Di qui l’appetibilità della struttura, poiché l’esposizione dei promotori dell’iniziativa (sponsor) è limitata all’apporto di capitale proprio nel progetto, senza che il debito bancario gravi sui bilanci degli stessi.

Il coinvolgimento dei soggetti privati nella realizzazione, nella gestione di opere pubbliche e, soprattutto, il ricorso a capitale privato su base non recourse per la realizzazione delle stesse rappresenta la principale attrattiva del project financing.

Così, con l’obiettivo di colmare il deficit infrastrutturale nazionale, attraendo capitali privati nella realizzazione di opere di pubblica utilità tramite modalità alternative alla tradizionale finanza d'impresa, è stata introdotta per la prima volta in Italia una disciplina del project financing con la legge 11 novembre 1998 n. 415 (cd. legge Merloni-ter).

Facendo leva sull’istituto (già noto) della concessione di costruzione e gestione, la legge ha previsto che potesse essere affidato a un privato promotore – all’esito di una selezione concorrenziale – un contratto avente a oggetto la realizzazione di un’opera pubblica, il cui corrispettivo è costituito, in tutto o in parte (con la possibilità di ottenere, quindi, contributi pubblici in corso d’opera), dal diritto di sfruttare economicamente l’opera realizzata, facendo propri i proventi della gestione a lungo termine.

La legge del 1998 introduceva poi una serie di deroghe al regime ordinario dei lavori pubblici che, da un lato, stimolano l’iniziativa a vestire il ruolo di “promotori” nella fase di fattibilità e progettazione degli interventi, dall’altro lato, consentono di superare alcuni ostacoli che rendevano fino ad allora impossibile il ricorso alla tecnica finanziaria del project financing. Si pensi ad esempio alla possibilità di costituire una società di progetto o alla destinazione prioritaria dei proventi di gestione, anche in ipotesi patologiche, al soddisfacimento degli interessi creditori delle banche finanziatrici.

Alla legge n. 415/1998 ha fatto seguito la legge 1º agosto 2002 n. 166 (cd. legge Merloni-quater), che ha ampliato il numero dei potenziali soggetti promotori, ha previsto che il contributo pubblico in corso d’opera potesse essere rappresentato anche dalla cessione di diritti immobiliari da parte della stazione appaltante e ha introdotto per la prima volta il diritto di prelazione a ottenere l’aggiudicazione del concessionario.

Le novità introdotte dalla successiva legge 18 aprile 2005 (cd. legge comunitaria 2004) riguardano sostanzialmente le procedure di affidamento. Le norme suddette sono state recepite, nel 2006, nel Codice dei Contratti Pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006, in vigore dal 1º luglio 2006), negli articoli da 153 a 160, che ha abrogato tutte le leggi previgenti.

Tuttavia la sostanza della disciplina è rimasta pressoché identica ed invariata fino ad oggi, con eccezione per gli aggiustamenti apportati dal cosìddetto "terzo correttivo" (decreto legislativo n. 152 del 2008).

2) Quali sono le novità introdotte dal Decreto per lo Sviluppo e in che misura potranno agevolare l’applicazione del project financing, anche per progetti di valore contenuto?

Le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici in materia di project financing (art. 153, commi 19 e 19-bis) sono state di recente oggetto di modifica da parte del D.L. 70/2011 (c.d. "decreto sviluppo").

La modifica – così si legge nella relazione illustrativa - "ha la finalità di incentivare maggiormente l'intervento di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche, attraverso l'introduzione di una procedura caratterizzata da snellezza e celerità".

Le principali novità in materia, sono le seguenti:

  • si consente il ricorso alla finanza di progetto anche per le opere non presenti nella programmazione triennale delle pubbliche amministrazioni. Il privato può, pertanto, proporre all'amministrazione la realizzazione di un'opera pubblica, attivando per tale via la procedura di approvazione del progetto e di affidamento della concessione di costruzione e gestione;
  • è introdotto l'obbligo di indire una conferenza di servizi in fase di studio di fattibilità del progetto presentato dal promotore; la novità è di una certa importanza, perché permette di anticipare, in una fase precedente la messa in gara, parte delle osservazioni o eventuali conflitti istituzionali relativi a un progetto infrastrutturale, magari suggerendo soluzioni di modifica allo stesso studio di fattibilità prima che questo sia messo in gara, assicurando così una maggiore certezza dell’investimento;
  • viene reintrodotto, a beneficio del promotore del project financing, il diritto di prelazione rispetto agli altri concorrenti, purché se ne dia atto nel relativo bando di gara;
  • in alternativa al “contratto di leasing”, viene codificata la possibilità di ricorrere ad una diversa figura di parteneraiato pubblico-privato: il “contratto di disponibilità”, che consente alla Pubblica Amministrazione di ottenere un’opera “chiavi in mano” (che resta di proprietà privata, ma viene destinata al servizio pubblico), la cui realizzazione e gestione tecnica sono totalmente a carico del partner privato, a fronte del pagamento di un canone di disponibilità e/o un prezzo di trasferimento al patrimonio dell’ente, alla scadenza del periodo di gestione;
  • viene estesa a tutte le nuove infrastrutture da realizzare l'applicazione degli incentivi fiscali ai concessionari di opere in project financing, in alternativa al contributo pubblico (inizialmente introdotti per le sole società titolari di concessioni per la realizzazione di nuove autostrade). La defiscalizzazione riguarda l'Imposta sul Reddito delle Società (IRES), l'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) e l'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA);
  • tra le novità più importanti, la possibilità per le società concessionarie delle opere di emettere “project bond” garantiti, fino all’avvio della gestione, dal sistema finanziario, da fondazioni e da fondi privati. L’art. 41 del Decreto Legge n. 1/2012 dispone che “le società di progetto nonché le società titolari di un contratto di partenariato pubblico privato, possono emettere obbligazioni e titoli di debito (…), purché destinati alla sottoscrizione da parte degli investitori qualificati”;
  • vengono altresì previste una serie di agevolazioni fiscali per favorire l’emissione ed il collocamento dei project bond. Tra queste, si prevede che le obbligazioni emesse dalle società di progetto siano assoggettate allo stesso regime fiscale previsto per i titoli del debito pubblico, con un’aliquota degli interessi, cioè, pari al 12,5; la rimozione dei limiti alla deducibilità degli interessi passivi propri delle obbligazioni corporate emesse da soggetti diversi dalle banche e dalle società quotate; e l’applicazione delle imposte dirette (registro e imposte ipotecarie e catastali) in misura fissa alle garanzie di qualunque tipo a sostegno dell’emissione dei bond.

3) Quali sono i settori in cui è maggiormente diffuso il ricorso al project financing e perché?

Nella prima parte dello scorso decennio, il project financing ha trovato larghissima diffusione in Italia, sia con riferimento a grandi interventi infrastrutturali (autostrade, ferrovie, metropolitane, ospedali, ecc), sia riguardo a progetti più modesti (uffici pubblici, impianti sportivi e ricreativi, caserme, ecc.), ma che comunque hanno tratto beneficio delle norme in materia di iniziativa privata del promotore.

La maggior parte delle infrastrutture pubbliche realizzate in Italia con la finanza di progetto sono, tuttavia, c.d. “opere fredde”; ossia i flussi di cassa generati dalla loro gestione non sono da soli sufficienti ad assicurare l’equilibrio economico e finanziario del progetto e richiedono o un contributo pubblico da erogarsi in corso d’opera (come accade nel caso di impianti sportivi, posto che spesso l’accesso alle strutture è disciplinato da tariffe “politiche”, che da sole non sarebbero sufficienti a ripagare l’investimento), oppure il fatto che sia la stessa amministrazione appaltante a versare al concessionario un corrispettivo per l’utilizzo del bene, non direttamente destinato alla fruizione collettiva (si pensi agli ospedali, alle carceri o ad altri pubblici uffici).

Larghissima poi è la diffusione della tecnica finanziaria vera e propria per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (soprattutto fotovoltaica).

Si tratta di investimenti completamente privati (ancorché la legge ne riconosca la pubblica utilità), tuttavia, e quindi sottratti all’applicazione del Codice dei Contratti Pubblici.

4) Nel caso delle piccole opere, come un impianto sportivo, quali sono gli ostacoli più evidenti al coinvolgimento dei capitali privati?

Per le opere di piccole dimensioni, il valore dell’investimento non giustifica il ricorso alla tecnica finanziaria del project financing¸ molto onerosa sia in termini di costo del debito, che di spese di struttura.

La stretta creditizia che si registra ormai dalla fine del 2008 ha ulteriormente incrementato il costo del debito con strutture di project financing, contribuendo ad accentuare il fenomeno di concentrazione degli investimenti da parte degli enti finanziatori istituzionali su grandi infrastrutture, capaci di ammortizzare il costo di struttura e non altrimenti finanziabili, se non tramite un massiccio ricorso al mercato del debito.

Tuttavia, la possibilità di attivarne la progettazione e realizzazione ad iniziativa privata e con ricorso a capitali degli sponsor, superando certe “ingessature” tipiche del sistema degli affidamenti di lavori pubblici, ha contribuito al largo successo dell’istituto proprio per progetti di piccolo e medio cabotaggio (oltre il 90% degli interventi realizzati in Italia, nell’ultimo decennio, ha un valore inferiore a cinque-dieci milioni di euro).

Infine, sicuramente i vigorosi tagli alla spesa pubblica e alle erogazioni in favore degli enti locali hanno reso ancora più difficile la contribuzione pubblica, spesso necessaria in misura non trascurabile per consentire alla collettività di fruire delle infrastrutture e degli impianti sportivi a tariffe accessibili ai più.

In tal senso, la possibilità di cedere al privato proprietà immobiliari e la “codificazione” del contratto di disponibilità, che consente agli enti di contabilizzare il contributo pubblico come spesa corrente e non come capex (Capital Expenditure), dovrebbero rappresentare validi strumenti per superare le difficoltà legate al rispetto del patto di stabilità.

5) Le principali criticità di questo strumento?

Per quanto riguarda il project financing vero e proprio (inteso cioè come tecnica finanziaria), la maggiore difficoltà resta quella legata alla congiuntura dei mercati finanziari e, più in particolare, le difficoltà del sistema bancario italiano e della zona Euro, che rendono l’accesso al debito non recourse, laddove possibile, comunque estremamente oneroso.

I project bond vogliono essere proprio la risposta al credit crunch (contrazione dell’offerta di credito, ndr), permettendo il reperimento di risorse finanziarie alternative al solo debito bancario.

Tuttavia, il costo associato alla loro emissione – anche tenendo conto delle recenti agevolazioni fiscali – è tale da ritenere che anche in questo caso il ricorso allo strumento sarà riservato ad investimenti di ingenti dimensioni.

Per quanto riguarda, invece, iniziative di dimensioni minori, destinate – per le ragioni di cui sopra – ad essere finanziate con capitale industriale o con finanza tradizionale, l’ostacolo maggiore continuano ad essere le lunghissime e farraginose procedure per l’affidamento delle relative concessioni di costruzione e gestione.

In particolare, il problema chiave è nella selezione della proposta da dichiararsi di pubblico interesse: se l'operatore economico non ha una ragionevole certezza che la sua proposta sarà presa in considerazione, chi glielo farà fare di buttare via risorse finanziarie per sottoporre alla pubblica amministrazione la propria proposta?

6) Le possibili soluzioni?

Occorre pensare a un procedimento complessivo che, già dall'inizio, sia rispettoso dei principi comunitari di concorrenza, ma nel contempo idoneo ad assicurare la certezza degli investimenti proprio nella delicata fase, ad altissima mortalità, della elaborazione della proposta.

L'intuizione del "decreto sviluppo" è giusta; essa toglie alla finanza di progetto l'ingessatura cui l'ha sottoposta il terzo correttivo del Codice dei Contratti Pubblici che aveva fatto dello studio di fattibilità un vero e proprio progetto definitivo, peraltro esposto alla spada di Damocle dei capricci degli enti interessati, che potevano addirittura stravolgerlo, vanificando lo sforzo e i costi sostenuti dal promotore.

La conferenza di servizi preliminare e la prelazione del promotore dovrebbero dare nuova linfa all’iniziativa dei privati in fase di proposta, mentre gli incentivi fiscali dovrebbero contribuire a ridurre l’esposizione dei privati senza gravare sui disastrati bilanci di Comuni e Province.

Visto da vicino

Giuseppe Velluto (nella foto) è esperto amministrativista, partner dello studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners di Milano. Ha maturato un’approfondita esperienza in materia di appalti, edilizia, urbanistica, project financing, utilities. Assiste primarie società italiane ed estere nello sviluppo di progetti nel campo dell’energia, del gas, dei rifiuti e dell’acqua, oltre che in relazione allo sviluppo e finanziamento di infrastrutture pubbliche (strade, autostrade, ospedali, impianti sportivi). Docente del corso Project Finance and financing strategies for the green business presso l'Università Commerciale Luigi Bocconi, è autore di pubblicazioni e relatore a convegni e seminari su temi di project financing ed energia.

Questa intervista è parte integrante di un articolo dedicato al project financing, pubblicato sul numero 9, luglio-settembre 2012, di Sport Industry Magazine. Registrati al Portale e richiedi la tua copia gratuita .

 
 
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