Mercato impiantistica sportiva

08.02.2011

Il mercato sportivo mondiale: dati e tendenze

Categoria: sport, sport news, mercato impiantistica sportiva,

di Andrea Muzzarelli

Stimare le dimensioni del mercato sportivo globale – così come il suo contributo al PIL o all’occupazione – è un’operazione che presenta non poche difficoltà: gli studi ufficiali che analizzano il settore in termini quantitativi sono pochissimi e molte delle rilevazioni statistiche disponibili sono decisamente datate.

Un altro problema è rappresentato dal fatto che numerose discipline sportive possono non solo essere definite in modo diverso a seconda del paese considerato, ma anche essere praticate secondo modalità differenti. Senza contare che la distinzione tra attività sportive, ricreative e fitness non è sempre chiara.

Nonostante queste difficoltà, una ricerca commissionata dall’Italian Trade Commission è riuscita a far luce su numeri e tendenze che contraddistinguono il mercato sportivo mondiale. Ecco, in sintesi, le principali considerazioni emerse.

Gli articoli sportivi

La domanda mondiale di articoli sportivi è guidata dall’abbigliamento, che rappresenta circa il 50% del totale. Secondo le rilevazioni dello Sports Goods Export Council (SGEPC) dell’India, in termini di fatturato complessivo le dimensioni del mercato sportivo mondiale sono passate dai 267 miliardi di dollari del 2006 ai 278,4 del 2007, con un tasso di crescita pari al 4%. Secondo un’altra ricerca, le vendite nel 2008 sono ulteriormente cresciute a 284 miliardi di dollari.

In generale, sono diversi gli studi che hanno confermato una crescita media annua del 4% prima della crisi scoppiata nel 2008. Gli Stati Uniti rappresentano il più grande mercato al mondo per gli articoli sportivi (includendo le attrezzature, l’abbigliamento, le calzature e gli accessori) e da soli rappresentano ben un terzo del mercato mondial e.

In termini di crescita, tuttavia, il primato spetta all’Asia centrale e meridionale, al Medio Oriente e all’Europa centrale e orientale. Sebbene paesi asiatici come la Cina e l’India siano tra i più popolosi del pianeta, le dimensioni del mercato sportivo sono ancora relativamente contenute a causa di un consumo procapite basso. Tre sono le ragioni principali di questi bassi livelli di consumo: il potere d’acquisto è ben più ridotto rispetto a quello dei paesi occidentali, lo sport è ancora considerato una commodity di lusso e i governi sono focalizzati su altre priorità.

I numeri del Sol levante

I principali esportatori di articoli sportivi al mondo sono Cina, Hong Kong, Francia, Italia, Germania e Stati Uniti. A parte la Cina, questi paesi rientrano anche fra i maggiori importatori insieme a Giappone, Gran Bretagna e Canada. Paesi in via di sviluppo come la stessa Cina e l’India sono oggi diventati centri di produzione molto importanti anche per effetto del decentramento attuato dalle aziende occidentali per avvantaggiarsi del basso costo della manodopera.

A partire dal 2009 la crisi ha naturalmente colpito anche l’industria sportiva. Il tasso di crescita del settore negli USA e in diversi paesi europei è stato negativo. Unica eccezione è rappresentata dai paesi in via di sviluppo, che nonostante tutto hanno continuato a crescere grazie all’aumento del PIL, a un mercato interno non ancora saturo, al maggior peso del ceto medio e a una popolazione giovane.

Non è un caso che proprio Cina e India abbiano organizzato, proprio a partire dal 2008, alcuni dei più importanti eventi sportivi: si pensi alle Olimpiadi di Pechino, ai Commonwealth Game e alla Men’s Hockey World Cup, che hanno ovviamente accresciuto l’interesse e l’attenzione dei governi e dei privati nei confronti del settore.

La crescita della domanda interna su questi mercati è aumentata non solo grazie a questi importanti eventi e al progressivo aumento del reddito pro capite, ma anche in virtù di una maggiore consapevolezza sull’importanza dell’attività fisica e a una più diffusa conoscenza di molti marchi internazionali del mondo sportivo.

Un settore ad alta intensità di lavoro

In diversi paesi del mondo il contributo dell’industria sportiva al Prodotto Interno Lordo è alquanto modesto, e non supera di norma il 5%. Nel 2005, ad esempio, il settore ha inciso sul PIL dell’Unione Europea nella misura del 3,7%, e valori analoghi sono stati registrati anche negli Stati Uniti (3,35%) e in Giappone (3,89%).

Quello sportivo è comunque un settore ad alta intensità di lavoro che contribuisce in modo non trascurabile all’occupazione, in modo sia diretto sia indiretto. Sempre nel 2005 vi lavoravano, in Europa, circa 15 milioni di persone, ovvero più del 5% della forza lavoro dell’UE. Dati più recenti sono disponibili sull’industria sportiva e ricreativa statunitense, che nel 2008 contava un milione e mezzo di addetti. Altre 50.200 persone lavoravano nel commercio di articoli sportivi, e 244.600 nella vendita al dettaglio. Nel Regno Unito, nel 2005, il settore impiegava il 2% dei lavoratori inglesi, pari a circa 576mila persone.

Connessioni strategiche

Sebbene le dimensioni dell’industria sportiva in sé o il suo contributo al PIL possano non essere così rilevanti, il settore è comunque strettamente connesso a molti altri, e produce inevitabilmente molteplici effetti sul sistema economico nel suo insieme. Qualche esempio?

A livello globale, una considerevole fetta del fatturato del settore audiovisivo proviene dal mondo sportivo. In molti paesi esistono canali e magazine dedicati, con un consistente indotto pubblicitario. Il legame con il settore turistico si sta rafforzando: sono tanti i paesi che cercano di promuovere il turismo attraverso la pratica sportiva. Basti pensare alla Malesia, che si sta imponendo come destinazione privilegiata per gli amanti del golf.

La crescita delle discipline sportive incide anche sullo sviluppo delle infrastrutture. Solo per fare un esempio, i recenti Commonwealth Games, che si sono svolti a Dehli lo scorso ottobre, hanno spinto il governo indiano a migliorare i trasporti del Paese. Insieme all’India, la Cina ha beneficiato di un potenziamento della propria industria manifatturiera proprio grazie alla “spinta” proveniente dalla vendita di articoli sportivi.

Altri legami importanti sussistono con il mondo della moda – si pensi alla recente linea di abbigliamento lanciata da Adidas in collaborazione con la designer Stella McCartney – e con quello della ristorazione. Una squadra di calcio celebre come il Manchester United ha aperto una catena di ristoranti e caffè nei quali è possibile seguire i più importanti match e acquistare merchandising della squadra.

Cambiamenti in corso

Nello sport, così come in molti altri settori, esiste oggi una dicotomia fra mercati di grandi dimensioni che hanno ormai raggiunto la saturazione e mercati più piccoli che stanno invece crescendo. I primi sono ovviamente molto interessati ai secondi, e fino ad alcuni prima della recessione c’era effettivamente una grande attenzione nei confronti dei paesi in via di sviluppo, India e Cina in primis. Entrambi i paesi hanno infatti aperto le porte (almeno parzialmente) agli investimenti stranieri.

Oggi la crisi ha cambiato le carte in gioco, ridisegnando molte delle dinamiche economiche a livello globale. L’industria sportiva sta conoscendo numerosi cambiamenti. La contrazione della domanda interna e il più difficile accesso al credito hanno costretto molte aziende a ridimensionare i propri piani di sviluppo sui mercati esteri, mentre altre stanno cercando al contrario di rafforzare la presenza all’estero per diversificare il rischio.

Se i dettaglianti e i grandi magazzini stanno puntando su marchi meno noti ma più economici, i produttori stanno cercando di rafforzare la propria presenza in segmenti del mercato (come quello femminile) che, sino a oggi, non sono cresciuti nel modo sperato. Il settore si sta inoltre consolidando grazie a un numero crescente di fusioni e acquisizioni. In attesa di tempi migliori.

Per approfondire

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